Dalla fine del 2004 si delinea una squadra di operatori e di consulenti che si affiancano al mentore biodinamico Jacques Mell: il responsabile delle colture Gianni Uccheddu, l’agronomo Patrizio Gasparinetti e l’enologa Monica Rossetti.
Con il supporto dei dati climatici e geo- pedologici si decidono le varietà da impiantare con i relativi cloni e portinnesti e si organizza la preparazione delle barbatelle in vivai prevalentemente borgognoni, privilegiando il materiale vivaistico biodinamico disponibile.
I filari hanno una pendenza tra il 10% e il 25% e sono disposti a rittochino con orientamento nord-est/sud-ovest in modo di offrire la migliore esposizione al sole per entrambe le pareti vegetative.
La scelta della forma di allevamento adottata prevalentemente è il Guyot, differenziato tra singolo e doppio a seconda del vigore e dell’espressione vegetativa delle singole piante. Si è mantenuta parte del terreno a bosco e prato nelle zone meno vocate, si sono messe a dimora molte siepi con varie essenze per migliorare la biodiversità e come rifugio per gli insetti utili e si sono mantenute tutte le piante ad alto fusto e le rare viti presenti, memoria di una antica coltivazione viticola, distribuite anche all’interno dei vigneti.
Le lavorazioni del terreno per la messa a dimora delle viti hanno interessato solo lo strato superficiale del terreno senza stravolgerne il profilo.
Il 16 marzo 2005, giorno di radice, inizia la messa a dimora delle barbatelle di pinot nero.
Prima dell’impianto viene eseguita una lavorazione del terreno più profonda solo sulla fila, molto attenti a non variare il profilo del terreno, con il solo obiettivo di renderlo più accogliente per lo sviluppo radicale delle giovani viti. Le barbatelle vengono inzaffardate in una miscela biodinamica realizzata da Jacques Mell.
Il risultato a fine anno è sorprendente: nessuna delle circa 5.000 viti è morta. Il completamento della prima fase del progetto avviene nella primavera successiva il 13 e 14 marzo 2006 e vengono piantate le barbatelle di chardonnay e gran parte delle barbatelle per la produzione di uve stramature.
Nei vigneti non sono mai stati utilizzati concimi : si sono effettuati solamente interventi biodinamici con bouse de corne, silice de corne e compost de bouse Maria Thun.
In alcune situazioni vengono utilizzate anche delle tisane, soprattutto di achillea e ortica. Il numero degli interventi varia a seconda dell’annata e della necessità, generalmente da uno a quattro rispettando rigorosamente le indicazioni di dinamizzazione, gli orari e i giorni più adatti del calendario biodinamico.
Per la difesa dalle più temibili avversità fungine (peronospora, oidio e botrite) si utilizzano solo prodotti biologici quali rame a bassi dosaggi per la peronospora, zolfo bagnabile e polverulento per l’oidio e talco per i danni da grandine e i marciuni in genere
La scelta di mantenere le piante secolari presenti e di mettere a dimora alcune siepi allunga i tempi di bagnatura di alcune porzioni dei vigneti che rimangono più in ombra. Per queste parti diventa più difficile durante il periodo vegetativo mantenere le foglie integre da attacchi fungini e raggiungere livelli ottimali di maturazione delle uve.
Le molto abbondanti piogge annuali obbligano a un costante controllo della pressione dei vari funghi, la scelta di installare una stazione di monitoraggio dei dati climatici ci consente di individuare i migliori momenti di intervento.
Le pendici orientali del lago d’Orta, zona di incontro di correnti d’aria fredda provenienti dal vicino Monte Rosa con l’aria calda della pianura, subiscono sovente violenti temporali spesso accompagnati da grandinate.
Quando la grandine rovina parte degli acini, ma anche parte delle foglie, la maturazione delle uve subisce forti rallentamenti e per ottenere la migliore qualità siamo costretti a una selezione particolarmente severa nel momento delle vendemmie.
L’allevamento delle piante ha previsto una crescita graduale, con varie lavorazioni superficiali del sottofila e una lavorazione autunnale superficiale dell’interfila con erpice a dischi.
Nel 2010, mentre gran parte dei vigneti sono in buone condizioni sia pure con una variabilità di vigoria e sviluppo a seconda dei vari tipi di terreno, in una parte dei vigneti di pinot nero e in una parte adiacente del vigneto di chardonnay si evidenzia un bassissimo sviluppo delle piante per ristagni d’acqua con conseguente asfissia radicale in alcuni periodi.
Si è deciso di operare una lavorazione profonda del filare al centro dell’interfila per favorire un deflusso più rapido dell’acqua in eccesso. Viene inoltre messo a dimora tra i filari un erbaio per favorire il consumo d’acqua.
Gli interventi si ripetono in autunno e in primavera di ogni anno e queste parti di vigneto stanno lentamente rispondendo con un miglioramento dello sviluppo.
Dal 2006 al 2010 si mettono a dimora alcune viti nella vigna del Salice e nel 2014 viene completato l’impianto in tutti i terreni adatti al vigneto.
In tutti i vigneti, a seconda della capacità produttiva delle singole piante e delle caratteristiche delle zone, vengono differenziati gli interventi agronomici di potatura, scacchiatura, sfogliatura e diradamento. L’obiettivo di questa diversità di gestione è quello di produrre la quantità più adatta alle singole viti in relazione al migliore rapporto vegeto-produttivo.
Le scelte sopra indicate allungano i tempi per la completa potenzialità produttiva dei vigneti, ma il rispetto della diversità delle singole piante va a beneficio di una grande espressività delle uve e di conseguenza dei vini.
L’attenzione quotidiana a tutte le variabili e la collaborazione di tutta la squadra consentono così di ottenere nell’uva e nei vini la massima espressione delle potenzialità di questo luogo affascinante.
Patrizio Gasparinetti, agronomo